mercoledì 27 gennaio 2010

La strada

Il folle urla tutte le mattine “Assassini”. Ormai è diventato un ritornello, ci si potrebbe regolare la sveglia. Per la verità quasi tutte le mattine. Ogni tanto varia, così, tanto per divertirsi. L’altra mattina l’ho sentito nel dormiveglia ed ho pensato: ”cacchio già le otto!”, invece erano ancora le sei. Si era svegliato prima e aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro. Affacciandosi al balcone benedice la comunità con il suo personale buongiorno neanche fosse a piazza San Pietro. O forse lo crede. Ormai gli sono affezionati, qui in zona, perciò ha conquistato il perdono di tutti.
Il quartiere comprende poche strade. Quando ci entri senti subito quell’odore antico che è la storia stessa di quelle vie abbracciate da pareti colorate. Balconi nascosti dai panni stesi, anch’essi variopinti, da dietro ai quali fuoriescono aromi e profumi della gente, voci, musiche e canzoni, spesso gli stornelli del folklore.
La strada è in una zona semiperiferica, anzi, a giudicare dalle consuetudini di quelli che qui abitano, da sempre è periferia vera, anche se con molte case più belle di quelle di una volta. Forse è meglio dire che è una specie di paese, tanto che la strada è vissuta come un prolungamento dei cortili delle case. Già dalla mattina, in un paio di punti lungo il marciapiede, è solito veder spuntare qualche sedia, cui se ne aggiungono durante il giorno, così tante che il marciapiede non basta più e si comincia ad invadere la carreggiata – perché qui non ci sono i muretti. I due punti di aggregazione sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno. L’atteggiamento verso chi non appartiene alla comunità è comunque lo stesso. Il forestiero che si trova a passare da quelle parti – sulla strada che diventa passerella – viene scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei, in cui i partecipanti si autoconvocano, si celebra il sacro rito della condivisione. Condivisione di qualunque cosa, compreso quella dei panni sporchi – non tutti – ma soprattutto dei cacchi altrui. La novità viene sempre osservata per essere conosciuta. Come in qualunque sana comunità.
Ma c’è un momento che nessuno vorrebbe perdere: l’apparizione di Gemma che, voltando un angolo dell’incrocio principale, sale come sempre a quell’ora del giorno, sull’automobile appariscente del maturo amante. La madre ripete sempre: “Questa figlia mi farà morire di crepacuore” mentre continua a tirare dentro i panni ormai asciutti. La ragazza e giovanissima e frequenta uno dei numerosi fratelli Caramonti, uomini di fascino e famosi per essere sciupafemmine ma anche uomini di malaffare, si dice. L’amante di Gemma è grande per lei, ci passano buoni vent’anni, spesso cambia macchina e gli piace fare l’americano con macchine lunghe e cabriolet, targate con sigle di province del Norditalia.
Oggi, la vicina, una ragazza dell’est di circa 25 anni, ha deciso che fa caldo ed è il caso di fare la doccia in giardino con il tubo di gomma, in reggiseno e perizoma. Per lei è talmente naturale la cosa che pure se la canticchia e non rinuncia a movimenti di danza coi fianchi e a sbirciare di sottecchi, contare gli spettatori per i quali può esibirsi. Rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra. Mezz’ora dopo, con lo stesso abbigliamento, è sul balcone di fronte a stendere la biancheria e mi tocca pulire per un quarto d’ora la finestra corrispondente.
Il pensionato spazza il cortile davanti ai garage e, chinandosi lentamente, raccoglie 14 viti piccole, 2 grandi e graffette varie; le mette in fila e commenta ad alta voce che potrebbero bucare una ruota. Poi si trasferisce vicino ai cassonetti dell’immondizia per pulire e prendere provvedimenti alla noncuranza di quelli che, con scarso senso civico, lasciano in maniera disordinata sul marciapiede le buste della raccolta differenziata.
A sera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela – quelle che vendevano una volta con il telaio di legno – rientrano nelle rispettive case in buon ordine, quattro ragazze vicine di casa, più o meno coetanee, parlando tra loro a voce alta, dirigono verso una macchina parcheggiata in strada, la riempiono per andare in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia con il pavimento in legno; tende trasparenti che creano un po' di privacy e impediscono la visione esterna; musica a palla che non fa sentire il rumore delle onde, non permette romanticherie; cuscini a terra e incensi vari. Praticamente potresti essere in qualunque posto della terra anche in alta montagna. I figli, essendo tutte e quattro separate sono stati affidati a nonni, televisori e playstation – in ordine crescente di importanza. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno ai cazzi loro e non possono essere presi in considerazione. Anzi quella che guida ci tiene a specificare che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione, ma adesso s'è stufata di nuovo e quasi lo caccia un'altra volta. Le pareti delle case sono sottili, si sente tutto, ma proprio tutto. Le liti, come le riappacificazioni sono patrimonio di tutti. L’altro giorno litigavano per un regalo, lei chiedeva i soldi a lui, che ha cominciato ad alzare la voce. Non capiva perché fosse necessario dare tutti quei soldi al figlio. Ma se non era per questo avrebbero litigato per qualcos’altro. Quello di sopra litiga con quello del terzo piano perché il cane abbaia. Ogni tanto prova ad alzare la voce anche con me, nascosto nel suo appartamentino. Quel bassetto sa bene che non deve irritarmi, un paio di volte ci siamo incrociati per le scale e si è fatto piccolo piccolo, mettendosi di lato. Lui non sa che non alzerei mai le mani, ma il fisico aiuta. Sono quello che la gente di qui definirebbe una montagna di muscoli. Vengo dalla Romania e la gente mi chiama Cezar, non è il mio vero nome, quello è rimasto nel mio paese. Pochi sanno la mia vera storia, pochi sono gli amici. Per vivere e mandare un po’ di soldi ai miei, devo arrangiarmi, accettare qualsiasi lavoro. Resisto perché credo che anche per me ci sarà un futuro diverso, anche per me ci sarà il giro di boa.
La donna che dorme nel mio letto si chiama Sabrina, è italiana. Fa l’estetista, ha un negozio qui nel quartiere. Sono andato da lei perché dovevo cancellare due tatuaggi, uno sul braccio ed uno sulla gamba. Lei si è offerta di farmi anche la ceretta, dice che gli uomini con i peli sulle spalle perdono metà del loro fascino. Aveva una piccola tivvù e mi mostrava gli atleti dei mondiali di nuoto.
«Guarda che fisici, neanche un pelo. Ma te li immagini con la schiena coperta di peluria». No, non me li immaginavo. In realtà non ci avevo mai pensato. Perché togliere i peli dalla schiena.
«Ahi! Ma che fai?»
«Rilassati, ecco guarda qua, non li avevi mai notati eh? Guarda quanti ne hai, ma non preoccuparti ora togliamo tutto, puliamo per bene. Vedrai, vedrai alla fine anche tu non potrai credere ai tuoi occhi».
Più che non credere ai miei occhi, guardai meglio lei. Bella donna, niente male davvero. Ha deciso di curare il mio aspetto e per farla contenta ho cominciato ad assecondarla. Piccole cose: una camicia a tinta unita piuttosto che a quadri, il giubbotto marrone piuttosto che blu con righe bianche sulle maniche. Ha combinato qualcosa anche alle mie sopracciglia e ora la gente non si scansa più come prima.
Da domani dovrò caricare la sveglia. Il folle, dal buongiorno… assassino, aveva aumentato la dose: era passato a scandire le ore del giorno. Un metronomo che aveva dato fastidio ad alcuni nuovi affittuari. Abbiamo sentito parlare di ospedali, case di cura. Non abbiamo saputo altro. Eppure, al mattino, ci mancano quelle urla folli, come mancherebbe alla gente il non sentire lo scampanio della chiesetta del proprio villaggio.

martedì 26 gennaio 2010

La strada

Il folle urla tutte le mattine “Assassini”. Ormai è diventato un ritornello, ci si potrebbe regolare la sveglia. Per la verità quasi tutte le mattine. Ogni tanto varia, così, tanto per divertirsi. L’altra mattina l’ho sentito nel dormiveglia ed ho pensato: ”cacchio già le otto!”, invece erano ancora le sei. Si era svegliato prima e aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro. Affacciandosi al balcone benedice la comunità con il suo personale buongiorno neanche fosse a piazza San Pietro. O forse lo crede. Ormai sono affezionati, qui in zona, perciò ha conquistato il perdono di tutti.
Il quartiere comprende poche strade. Quando ci entri senti subito quell’odore antico che è la storia stessa di quelle vie abbracciate da pareti colorate. Balconi nascosti dai panni stesi, anch’essi variopinti, da dietro ai quali fuoriescono aromi e profumi della gente, voci, musiche e canzoni, spesso gli stornelli del folklore.
La strada è in una zona semiperiferica, anzi, a giudicare dalle consuetudini di quelli che qui abitano, da sempre è periferia vera, però con molte case più belle di quelle di una volta. Forse è meglio dire che è una specie di paese, tanto che la strada è vissuta come un prolungamento dei cortili delle case. Già dalla mattina, in un paio di punti lungo il marciapiede, è solito veder spuntare qualche sedia, cui se ne aggiungono durante il giorno, così tante che il marciapiede non basta più e si comincia ad invadere la carreggiata – perché qui non ci sono i muretti. I due punti di aggregazione sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno. L’atteggiamento verso chi non appartiene alla comunità è comunque lo stesso. Il forestiero che si trova a passare da quelle parti – sulla strada che diventa passerella – viene scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei, in cui i partecipanti si autoconvocano, si celebra il sacro rito della condivisione. Condivisione di qualunque cosa, compreso i panni sporchi – ma non tutti – ma soprattutto dei cacchi altrui. La novità viene sempre osservata per essere conosciuta. Come in qualunque sana comunità.
Ma c’è un momento che nessuno vorrebbe perdere: l’apparizione di Gemma che, voltando l’angolo dell’incrocio principale, sale come sempre a quell’ora del giorno, sull’automobile appariscente del maturo amante. La madre ripete sempre: “Questa figlia mi farà morire di crepacuore” mentre continua a tirare dentro i panni ormai asciutti. La ragazza e giovanissima e frequenta uno dei numerosi fratelli Caramonti, uomini di fascino e famosi per essere sciupafemmine ma anche uomini di malaffare, si dice. L’amante di Gemma è grande per lei, ci passano buoni vent’anni, spesso cambia macchina e gli piace fare l’americano con macchine lunghe e cabriolet, targate con sigle di province del Norditalia.
Oggi, la vicina, una ragazza dell’est di circa 25 anni, ha deciso che fa caldo ed è il caso di fare la doccia in giardino con il tubo di gomma, in reggiseno e perizoma. Per lei è talmente naturale la cosa che pure se la canticchia e non rinuncia a movimenti di danza coi fianchi e a sbirciare di sottecchi, controllare per quanti spettatori può esibirsi. Rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra. Mezz’ora dopo, con lo stesso abbigliamento, è sul balcone di fronte a stendere la biancheria e mi tocca pulire per un quarto d’ora la finestra corrispondente.
Il pensionato spazza il cortile davanti al garage e, chinandosi lentamente, raccoglie 14 viti piccole, 2 grandi e graffette varie; le mette in fila e commenta ad alta voce che potrebbero bucare una ruota. Poi si trasferisce vicino ai cassonetti dell’immondizia per pulire e prendere provvedimenti alla noncuranza di quelli che, con scarso senso civico, lasciano in maniera disordinata sul marciapiede le buste della raccolta differenziata.
A sera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela – quelle che si facevano una volta con il telaio di legno – rientrano nelle rispettive case in buon ordine, quattro ragazze vicine di casa, più o meno coetanee, parlando tra loro a voce alta, dirigono verso una macchina parcheggiata in strada, la riempiono per andare in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia con il pavimento in legno; tende trasparenti che creano un po' di privacy e impediscono la visione esterna; musica a palla che non fa sentire il rumore delle onde, non permette romanticherie; cuscini a terra e incensi vari. Praticamente potresti essere in qualunque posto della terra anche in alta montagna. I figli, essendo tutte e quattro separate sono stati affidati a nonni, televisori e playstation – in ordine crescente di importanza. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno ai cazzi loro e non possono essere presi in considerazione. Anzi quella che guida ci tiene a specificare che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione, ma adesso s'è stufata di nuovo e quasi lo caccia un'altra volta. Le pareti delle case sono sottili, si sente tutto, ma proprio tutto. Le liti, come le riappacificazioni sono patrimonio di tutti. L’altro giorno litigavano per un regalo, lei chiedeva i soldi a lui, che ha cominciato ad alzare la voce. Non capiva perché fosse necessario dare tutti quei soldi al figlio. Ma se non era per questo avrebbero litigato per qualcos’altro. Quello di sopra litiga con quello del terzo piano perché il cane abbaia. Ogni tanto prova ad alzare la voce anche con me, nascosto nel suo appartamentino. Quel bassetto sa bene che non deve irritarmi, un paio di volte ci siamo incrociati per le scale e si è fatto piccolo piccolo, mettendosi di lato. Lui non sa che non alzerei mai le mani, ma il fisico aiuta. Sono quello che la gente di qui definirebbe una montagna di muscoli. Vengo dalla Romania e la gente mi chiama Cezar, non è il mio vero nome, quello è rimasto nel mio paese. Pochi sanno la mia vera storia, pochi sono gli amici. Per vivere e mandare un po’ di soldi ai miei, devo arrangiarmi, accettare qualsiasi lavoro. Resisto perché credo che anche per me ci sarà un futuro diverso, anche per me ci sarà il classico giro di boa.
La donna che dorme nel mio letto si chiama Sabrina, è italiana. Fa l’estetista, ha un negozio qui nel quartiere. Sono andato da lei perché dovevo cancellare due tatuaggi, uno sul braccio ed uno sulla gamba. Lei si è offerta di farmi anche la ceretta, dice che gli uomini con i peli sulle spalle perdono metà del loro fascino, aveva una piccola tivvù e mi mostrava gli atleti dei mondiali di nuoto.
«Guarda che fisici, neanche un pelo. Ma te li immagini con la schiena coperta di peluria». No, non me li immaginavo. In realtà non ci avevo mai pensato. Perché togliere i peli dalla schiena.
«Ahi! Ma che fai?»
«Rilassati, ecco guarda qua, non li avevi mai notati eh? Guarda quanti ne hai, ma non preoccuparti ora togliamo tutto, puliamo per bene. Vedrai, vedrai alla fine anche tu non potrai credere ai tuoi occhi». Più che non credere ai miei occhi, guardai meglio lei. Bella donna, niente male davvero. Ha deciso di curare il mio aspetto e per farla contenta ho cominciato ad assecondarla. Piccole cose: una camicia a tinta unita piuttosto che a quadri, il giubbotto marrone piuttosto che blu con righe bianche sulle maniche. Ha combinato qualcosa anche alle mie sopracciglia e ora la gente non si scansa più come prima.
Da domani dovrò caricare la sveglia. Il folle, dal buongiorno… assassino, aveva aumentato la dose: era passato a scandire le ore del giorno. Un metronomo umano che aveva dato fastidio ad alcuni nuovi affittuari che avevano deciso di far intervenire le autorità per i provvedimenti del caso. Abbiamo sentito parlare di ospedali, case di cura. Non abbiamo saputo altro.
Eppure, al mattino, ci mancano quelle urla folli, come mancherebbe alla gente il non sentire le campane della chiesetta del proprio villaggio.




sabato 23 gennaio 2010

LA STRADA

Il folle urla tutte le mattine «Assassini». Ormai è diventato un ritornello, ci si potrebbe regolare la sveglia. Per la verità quasi tutte le mattine. Ogni tanto varia, così, tanto per divertirsi. L’altra mattina l’ho sentito in dormiveglia ed ho pensato: ”cacchio già le otto!” invece erano ancora le sei, evidentemente si era svegliato prima e aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro. Si affaccia al balcone e benedice la comunità con il suo personale buongiorno. Ormai sono affezionati, qui in zona, perciò ha conquistato il perdono di tutti.
La strada è in una zona semiperiferica, anzi a giudicare dalle consuetudini di quelli che qui abitano da sempre è periferia vera, con le case più belle di una volta. Forse è meglio dire che è una specie di paese, tanto che la strada è vissuta come un prolungamento dei cortili delle case. Già dalla mattina, in un paio di punti lungo il marciapiede è solito veder spuntare qualche sedia, cui se ne aggiungono durante il giorno, così tante che il marciapiede non basta più e si comincia ad invadere la carreggiata. I due punti di aggregazione sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno. L’atteggiamento verso chi non appartiene alla comunità è comunque lo stesso. Il forestiero che si trova a passare da quelle parti, su quella specie di passerella, viene scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei a cui i partecipanti si autoconvocano si celebra il sacro rito della condivisione. Condivisione di qualunque cosa, ma soprattutto dei cacchi altrui. Come in qualunque sana comunità.
Oggi la vicina, una ragazza dell’est di circa 25 anni, ha deciso che fa caldo ed è il caso di fare la doccia in giardino con il tubo di gomma, in reggiseno e perizoma. Per lei è talmente naturale la cosa che se la canticchia pure e non rinuncia a movimenti di danza sui fianchi e a sbirciatine furbesche: come a controllare eventuali spettatori. Rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra. Mezz’ora dopo, con lo stesso abbigliamento, è sul balcone di fronte a stendere la biancheria e mi tocca pulire per un quarto d’ora la finestra corrispondente. Il pensionato spazza il cortile davanti al garage e, chinandosi lentamente, raccoglie 14 viti piccole, 2 grandi e graffette varie; le mette in fila e commenta ad alta voce che potrebbero bucare una ruota.
A sera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela rientrano nelle rispettive case in buon ordine, quattro ragazze vicine di casa più o meno coetanee, parlando tra loro a voce alta, dirigono verso una macchina parcheggiata in strada, la riempiono, per andare in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia: pavimento in legno; tende trasparenti che creano un po' di privacy e impediscono la visione esterna; musica a palla che non si sente il rumore delle onde; cuscini a terra e incensi vari. Praticamente potresti essere in qualunque posto della terra anche in alta montagna. I figli, essendo tutte e quattro separate sono stati affidati a nonni, televisori e playstation - in ordine crescente di importanza. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno ai cazzi loro e non possono essere presi in considerazione. Anzi quella che guida ci tiene a specificare che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione ma adesso s'è stufata di nuovo e quasi lo caccia un'altra volta.Le pareti delle case sono sottili, si sente tutto, ma proprio tutto. Le liti, come le riappacificazioni sono patrimonio di tutti. L’altro giorno litigavano per un regalo, lei chiedeva i soldi a lui, che ha cominciato ad alzare la voce. Non capiva perché fosse necessario dare tutti quei soldi al figlio. Ma se non era per questo avrebbero litigato per qualcos’altro. Quello di sopra litiga con quello del terzo piano perché il cane abbaia. Ogni tanto prova ad alzare la voce anche con me, nascosto nel suo appartamentino. Quel bassetto sa bene che non deve irritarmi, un paio di volte ci siamo incrociati per le scale e si è fatto piccolo piccolo, mettendosi di lato. Lui non sa che non alzerei mai le mani, ma il fisico aiuta. Sono quello che la gente di qui definirebbe una montagna di muscoli. Vengo dalla Romania e la gente mi chiama Cezar, non è il mio vero nome, quello è rimasto nel mio paese. Pochi sanno la mia vera storia, pochi sono gli amici. La donna che dorme nel mio letto si chiama Sabrina è italiana. Fa l’estetista, ha un negozio qui nel quartiere. Sono andato da lei perché dovevo cancellare due tatuaggi uno sul braccio ed uno sulla gamba. Lei si è offerta di farmi anche la ceretta, dice che gli uomini con i peli sulle spalle perdono metà del loro fascino, aveva una piccola tv e mi mostrava gli atleti dei mondiali di nuoto.
«Guarda che fisici, neanche un pelo. Ma te li immagini con la schiena coperta di peluria».No, non me li immaginavo. In realtà non ci avevo mai pensato. Perché togliere i peli dalla schiena.
«Ahi! Ma che fai?»
«Rilassati, ecco guarda qua, non li avevi mai notati eh? Guarda quanti ne hai, ma non preoccuparti ora togliamo tutto, puliamo per bene. Vedrai, vedrai alla fine anche tu non potrai credere ai tuoi occhi».Più che non credere ai miei occhi, guardai meglio lei. Bella donna, niente male davvero.Ha deciso di curare il mio aspetto e per farla contenta ho cominciato ad assecondarla. Piccole cose, una camicia a tinta unita piuttosto che a quadri, il giubbotto marrone piuttosto che blu con righe bianche sulle maniche. Ha combinato qualcosa anche alle mie sopracciglia, la gente non si scansa più come prima.

La strada

Il folle urla tutte le mattine «Assassini». Ormai è diventato un ritornello, ci si potrebbe regolare la sveglia. Per la verità quasi tutte le mattine. Ogni tanto varia, così, tanto per divertirsi. L’altra mattina l’ho sentito in dormiveglia ed ho pensato: ”cacchio già le otto!” invece erano ancora le sei, evidentemente si era svegliato prima e aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro. Si affaccia al balcone e benedice la comunità con il suo personale buongiorno. Ormai sono affezionati, qui in zona, perciò ha conquistato il perdono di tutti.
La strada è in una zona semiperiferica, anzi a giudicare dalle consuetudini di quelli che qui abitano da sempre è periferia vera, con le case più belle di una volta. Forse è meglio dire che è una specie di paese, tanto che la strada è vissuta come un prolungamento dei cortili delle case. Già dalla mattina, in un paio di punti lungo il marciapiede è solito veder spuntare qualche sedia, cui se ne aggiungono durante il giorno, così tante che il marciapiede non basta più e si comincia ad invadere la carreggiata. I due punti di aggregazione sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno. L’atteggiamento verso chi non appartiene alla comunità è comunque lo stesso. Il forestiero che si trova a passare da quelle parti, su quella specie di passerella, viene scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei, a cui i partecipanti si autoconvocano, si celebra il sacro rito della condivisione. Condivisione di qualunque cosa, ma soprattutto dei cacchi altrui. Come in qualunque sana comunità.
Oggi la vicina, una ragazza dell’est di circa 25 anni, ha deciso che fa caldo ed è il caso di fare la doccia in giardino con il tubo di gomma, in reggiseno e perizoma. Per lei è talmente naturale la cosa che se la canticchia pure e non rinuncia a movimenti di danza sui fianchi e a sbirciatine furbesche per controllare eventuali spettatori. Rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra. Mezz’ora dopo, con lo stesso abbigliamento, è sul balcone di fronte a stendere la biancheria e mi tocca pulire per un quarto d’ora la finestra corrispondente. Il pensionato spazza il cortile davanti al garage e, chinandosi lentamente, raccoglie 14 viti piccole, 2 grandi e graffette varie; le mette in fila e commenta ad alta voce che potrebbero bucare una ruota.
A sera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela rientrano nelle rispettive case in buon ordine, quattro ragazze vicine di casa più o meno coetanee, parlando tra loro a voce alta, dirigono verso una macchina parcheggiata in strada, la riempiono, per andare in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia: pavimento in legno; tende trasparenti che creano un po' di privacy e impediscono la visione esterna; musica a palla che non si sente il rumore delle onde; cuscini a terra e incensi vari. Praticamente potresti essere in qualunque posto della terra anche in alta montagna. I figli, essendo tutte e quattro separate sono stati affidati a nonni, televisori e playstation - in ordine crescente di importanza. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno ai cazzi loro e non possono essere presi in considerazione. Anzi quella che guida ci tiene a specificare che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione ma adesso s'è stufata di nuovo e quasi lo caccia un'altra volta.Le pareti delle case sono sottili, si sente tutto, ma proprio tutto. Le liti, come le riappacificazioni sono patrimonio di tutti. L’altro giorno litigavano per un regalo, lei chiedeva i soldi a lui, che ha cominciato ad alzare la voce. Non capiva perché fosse necessario dare tutti quei soldi al figlio. Ma se non era per questo avrebbero litigato per qualcos’altro. Quello di sopra litiga con quello del terzo piano perché il cane abbaia. Ogni tanto prova ad alzare la voce anche con me, nascosto nel suo appartamentino. Quel bassetto sa bene che non deve irritarmi, un paio di volte ci siamo incrociati per le scale e si è fatto piccolo piccolo, mettendosi di lato. Lui non sa che non alzerei mai le mani, ma il fisico aiuta. Sono quello che la gente di qui definirebbe una montagna di muscoli. Vengo dalla Romania e la gente mi chiama Cezar, non è il mio vero nome, quello è rimasto nel mio paese. Pochi sanno la mia vera storia, pochi sono gli amici. La donna che dorme nel mio letto si chiama Sabrina è italiana. Fa l’estetista, ha un negozio qui nel quartiere. Sono andato da lei perché dovevo cancellare due tatuaggi uno sul braccio ed uno sulla gamba. Lei si è offerta di farmi anche la ceretta, dice che gli uomini con i peli sulle spalle perdono metà del loro fascino, aveva una piccola tv e mi mostrava gli atleti dei mondiali di nuoto.
«Guarda che fisici, neanche un pelo. Ma te li immagini con la schiena coperta di peluria».No, non me li immaginavo. In realtà non ci avevo mai pensato. Perché togliere i peli dalla schiena.
«Ahi! Ma che fai?»
«Rilassati, ecco guarda qua, non li avevi mai notati eh? Guarda quanti ne hai, ma non preoccuparti ora togliamo tutto, puliamo per bene. Vedrai, vedrai alla fine anche tu non potrai credere ai tuoi occhi».Più che non credere ai miei occhi, guardai meglio lei. Bella donna, niente male davvero.Ha deciso di curare il mio aspetto e per farla contenta ho cominciato ad assecondarla. Piccole cose, una camicia a tinta unita piuttosto che a quadri, il giubbotto marrone piuttosto che blu con righe bianche sulle maniche. Ha combinato qualcosa anche alle mie sopracciglia, la gente non si scansa più come prima.

domenica 10 gennaio 2010

La Strada

Finiscono qui i miei lavori in Corso, passo la palla nel campo di Paola ...

Il folle urla tutte le mattine «Assassini». Ci si potrebbe regolare la sveglia. Per la verità quasi tutte le mattine. Ogni tanto varia, così, tanto per divertirsi. L’altra mattina l’ho sentito in dormiveglia ed ho pensato: ”cacchio già le otto!” invece erano ancora le sei, evidentemente si era svegliato prima e aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro. Si affaccia al balcone e benedice la comunità con il suo personale buongiorno. Ormai sono affezionati, qui in zona.
La strada è in una zona semiperiferica, anzi a giudicare dalle consuetudini di quelli che qui abitano da sempre è periferia vera. Forse è meglio dire che è una specie di paese, tanto che la strada è vissuta come un prolungamento dei cortili delle case. Già dalla mattina, in un paio di punti lungo il marciapiede è solito veder spuntare qualche sedia, cui se ne aggiungono durante il giorno, così tante che il marciapiede non basta più e si comincia ad invadere la carreggiata. I due punti di aggregazione sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno. L’atteggiamento verso chi non appartiene alla comunità è comunque lo stesso. Il forestiero che si trova a passare viene scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei a cui i partecipanti si autoconvocano si celebra il sacro rito della condivisione. Condivisione di qualunque cosa, ma soprattutto dei cacchi altrui. Come in qualunque sana comunità.
Oggi la vicina, una ragazza dell’est di circa 25 anni, ha deciso che fa caldo ed è il caso di fare la doccia in giardino con il tubo di gomma, in reggiseno e perizoma. Rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra. Mezz’ora dopo, con lo stesso abbigliamento, è sul balcone di fronte a stendere la biancheria e mi tocca pulire per un quarto d’ora la finestra corrispondente. Il pensionato spazza il cortile davanti al garage e raccoglie 14 viti piccole, 2 grandi e graffette varia, le mette in fila e commenta ad alta voce che potrebbero bucare una ruota.
A sera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela rientrano nelle rispettive case in buon ordine, quattro ragazze vicine di casa più o meno coetanee, parlando tra loro a voce alta dirigono verso una macchina parcheggiata in strada, la riempiono, per andare in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia: pavimento in legno; tende trasparenti che creano un po' di privacy e impediscono la visione esterna; musica a palla che non si sente il rumore delle onde; cuscini a terra e incensi vari. Praticamente potresti essere in qualunque posto della terra anche in alta montagna. I figli, essendo tutte e quattro separate sono stati affidati a nonni, televisori e playstation - in ordine crescente di importanza. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno ai cazzi loro e non possono essere presi in considerazione. Anzi quella che guida ci tiene a specificare che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione ma adesso s'è stufata di nuovo e quasi lo caccia un'altra volta.
Le pareti delle case sono sottili, si sente tutto. Le liti, come le riappacificazioni sono patrimonio di tutti. L’altro giorno litigavano per un regalo, lei chiedeva i soldi a lui, che ha cominciato ad alzare la voce. Non capiva perché fosse necessario dare tutti quei soldi al figlio. Ma se non era per questo avrebbero litigato per qualcos’altro. Quello di sopra litiga con quello del terzo piano perché il cane abbaia. Ogni tanto prova ad alzare la voce anche con me, nascosto nel suo appartamentino. Quel bassetto sa bene che non deve irritarmi, un paio di volte ci siamo incrociati per le scale e si è fatto piccolo, piccolo mettendosi di lato. Lui non sa che non alzerei mai le mani, ma il fisico aiuta. Sono quello che la gente di qui definirebbe una montagna di muscoli. Vengo dalla Romania e la gente mi chiama Cezar, non è il mio vero nome, quello è rimasto nel mio paese. Pochi sanno la mia vera storia, pochi sono gli amici. La donna che dorme nel mio letto si chiama Sabrina è italiana. Fa l’estetista, ha un negozio qui nel quartiere. Sono andato da lei perché dovevo cancellare due tatuaggi uno sul braccio ed uno sulla gamba. Lei si è offerta di farmi anche la ceretta, dice che gli uomini con i peli sulle spalle perdono metà del loro fascino, aveva una piccola tv e mi mostrava gli atleti dei mondiali di nuoto.
«Guarda che fisici, neanche un pelo. Ma te li immagini con la schiena coperta di peluria».
No, non me li immaginavo. In realtà non ci avevo mai pensato. Perché togliere i peli dalla schiena.
«Hai! Ma che fai?»
«Rilassati, ecco guarda qua, non li avevi mai notati eh? Guarda quanti ne hai, ma non preoccuparti ora togliamo tutto, puliamo per bene. Vedrai, vedrai alla fine anche tu non potrai credere ai tuoi occhi».
Più che non credere ai miei occhi, guardai meglio lei. Bella donna, niente male davvero.
Ha deciso di curare il mio aspetto e per farla contenta ho cominciato ad assecondarla. Piccole cose, una camicia a tinta unita piuttosto che a quadri, il giubbotto marrone piuttosto che blu con righe bianche sulle maniche. Ha combinato qualcosa anche alle mie sopracciglia, la gente non si scansa più come prima.

mercoledì 6 gennaio 2010

La Strada

La Strada (LAVORI IN CORSO)
Il folle urla tutte le mattine «Assassini». Ci si potrebbe regolare la sveglia. Per la verità quasi tutte le mattine. Ogni tanto varia, così, tanto per divertirsi. L’altra mattina l’ho sentito in dormiveglia ed ho pensato: ”cacchio già le otto!” invece erano ancora le sei, evidentemente si era svegliato prima e aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro. Si affaccia al balcone e benedice la comunità con il suo personale buongiorno. Ormai sono affezionati, qui in zona.
La strada è in una zona semiperiferica, anzi a giudicare dalle consuetudini di quelli che qui abitano da sempre è periferia vera. Forse è meglio dire che è una specie di paese, tanto che la strada è vissuta come un prolungamento dei cortili delle case. Già dalla mattina, in un paio di punti lungo il marciapiede è solito veder spuntare qualche sedia, cui se ne aggiungono durante il giorno, così tante che il marciapiede non basta più e si comincia ad invadere la carreggiata. I due punti di aggregazione sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno. L’atteggiamento verso chi non appartiene alla comunità è comunque lo stesso. Il forestiero che si trova a passare viene scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei a cui i partecipanti si autoconvocano si celebra il sacro rito della condivisione. Condivisione di qualunque cosa, ma soprattutto dei cacchi altrui. Come in qualunque sana comunità.
Oggi la vicina, una ragazza dell’est di circa 25 anni, ha deciso che fa caldo ed è il caso di fare la doccia in giardino, con il tubo di gomma - in reggiseno e perizoma -. Rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra. Mezz’ora dopo, con lo stesso abbigliamento, è sul balcone di fronte a stendere la biancheria e mi tocca pulire per un quarto d’ora la finestra corrispondente. Il pensionato spazza il cortile davanti al garage e raccoglie 14 viti piccole, 2 grandi e graffette varia, le mette in fila e commenta ad alta voce che potrebbero bucare una ruota.
A sera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela rientrano nelle rispettive case in buon ordine, quattro ragazze vicine di casa più o meno coetanee, parlando tra loro a voce alta dirigono verso una macchina parcheggiata in strada, la riempiono per andare in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia: pavimento in legno; tende trasparenti che creano un po' di privacy e impediscono la visione esterna; musica a palla che non si sente il rumore delle onde; cuscini a terra e incensi vari. Praticamente potresti essere in qualunque posto della terra anche in alta montagna. I figli, essendo tutte e quattro separate sono stati affidati a nonni, televisori e playstation - in ordine crescente di importanza. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno ai cazzi loro e non possono essere presi in considerazione. Anzi quella che guida ci tiene a specificare che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione ma adesso s'è stufata di nuovo e quasi lo caccia un'altra volta.
Le pareti delle case sono sottili, si sente tutto. Le liti, come le riappacificazioni sono patrimonio di tutti. L’altro giorno litigavano per un regalo, lei chiedeva i soldi a lui, che ha cominciato ad alzare la voce. Non capiva perché fosse necessario dare tutti quei soldi al figlio. Ma se non era per questo avrebbero litigato per qualcos’altro. Quello di sopra litiga con quello del terzo piano perché il cane abbaia. Ogni tanto prova ad alzare la voce anche con me, nascosto nel suo appartamentino. Quel bassetto sa bene che non deve irritarmi, un paio di volte ci siamo incrociati per le scale e si è fatto piccolo, piccolo mettendosi di lato. Lui non sa che non alzerei mai le mani, ma il fisico aiuta. Sono quello che la gente di qui definirebbe una montagna di muscoli. Vengo dall’est e la gente mi chiama Cezar, non è il mio vero nome, quello è rimasto nel mio paese. Pochi sanno la mia vera storia, pochi sono gli amici. La donna che dorme nel mio letto si chiama Sabrina è italiana. Fa l’estetista, ha un negozio qui nel quartiere. Sono andato da lei perché dovevo cancellare due tatuaggi uno sul braccio ed uno sulla gamba. Lei si è offerta di farmi anche la ceretta, dice che gli uomini con i peli sulle spalle perdono metà del loro fascino, aveva una piccola tv e mi mostrava gli atleti dei mondiali di nuoto.
«Guarda che fisici, neanche un pelo. Ma te li immagini con la schiena coperta di peluria».
No, non me li immaginavo. In realtà non ci avevo mai pensato. Perché togliere i peli dalla schiena.
«Hai! Ma che fai?»
«Rilassati, ecco guarda qua, non li avevi mai notati è? Guarda quanti ne hai, ma non preoccuparti ora togliamo tutto, puliamo per bene. Vedrai, vedrai alla fine anche tu non potrai credere ai tuoi occhi».
Più che non credere ai miei occhi, guardai meglio lei. Bella donna, niente male davvero.

sabato 2 gennaio 2010

La Strada

Lavori in corso!!!!

venerdì 1 gennaio 2010

LA STRADA

Il folle urla.”Assassini!!!!”Tutte le mattine alla stessa ora. Ci si potrebbe regolare la sveglia.Per la verità quasi tutte le mattine. Ogni tanto varia, così tanto per divertirsi e l’altra mattina l’ho sentito in dormiveglia ed ho pensato:”cacchio già le otto!” invece erano ancora le sei, evidentemente si era svegliato prima e aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro.Altre volte cambia l’anatema e urla “delinquenti!!!!” e all’inizio viene il dubbio che sia un altro, poi riconosco la voce e mi rassicuro: nulla di nuovo sul fronte interno.Per il resto della giornata non si vede e non si sente, alla mattina invece, come se si fosse autonominato muezzin di quartiere, si affaccia al balcone e benedice la comunità con il suo personale buongiorno.Ormai sono affezionati, qui in zona. La strada è in una zona semiperiferica, anzi a giudicare dalle consuetudini di quelli che qui abitano da sempre è periferia vera. Forse è meglio dire che è una specie di paese, tanto che la strada è vissuta come un prolungamento comune dei cortili delle case.Già nella prima mattinata, in un paio di punti lungo il marciapiede, è solito vedere spuntare una testa di ponte di sedie di plastica bianca e sdraio di tela a cui se ne aggiungono così tante altre durante il giorno che il marciapiede non basta più e si comincia ad invadere la carreggiata. La strada è della gente di questa via, una sorta di spazio comune della comunità.I due punti di aggregazione sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno. Ultimamente uno dei due gruppi tende a rimanere di più nei propri cortili senza invadere il marciapiede. Si sentono sconfitti o tentano un rilancio in versione moto carbonaro?L’atteggiamento verso chi non appartiene alla comunità è comunque lo stesso. Il forestiero che si trova a passare viene scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. Si accende un meccanismo simile a quello che hanno gli aerei militari per l’identificazione amico/nemico. Finchè non si accerta o si crede di averlo fatto, l’allarme rimane in funzione. Chiaramente il concetto di privacy è pura fantascienza. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei a cui i partecipanti si autoconvocano si celebra il sacro rito della condivisione. Condivisione di qualunque cosa, ma soprattutto dei cacchi altrui. Come in qualunque sana comunità.Oggi la vicina, una ragazza dell’est ha deciso che fa caldo ed è il caso di fare la doccia in giardino con il tubo di gomma in reggiseno e perizoma. Rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra.Mezz’ora dopo è sul balcone di fronte a stendere la biancheria e mi tocca pulire per un quarto d’ora la finestra corrispondente.Il pensionato spazza il cortile davanti al garage e raccoglie 14 viti piccole 2 grandi e graffette varia, le mette in fila e considera con attenzione quelle che potrebbero bucare una ruota. Così avrà un argomento di conversazione a tavola.A sera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela rientrano nelle rispettive case in buon ordine, quattro ragazze vicine di casa più o meno coetanee, parlando tra loro a voce alta, riempiono una macchina per andare in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia: pavimento in legno, tende che salvano la privacy e impediscono la visione esterna, musica a palla che non si sente il rumore delle onde, cuscini a terra incensi vari, praticamente potresti essere in qualunque posto della terra anche in alta montagna. Fichissimo. Le figli e i figli, essendo tutte e quattro separate sono state affidati a nonni, televisori e plystation in ordine crescente di importanza. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno ai cazzi loro e non possono essere presi in considerazione. Anzi quella che guida ci tiene a specificare che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione ma adesso s'è stufata di nuovo e quasi quasi lo caccia un'altra volta.

IL RACCONTO MANOMESSO

comincio io, vediamo se funziona
regola unica: chi è di turno - 1°Franca, 2°Paola, 3°Daniela, 4°Aldo, 5° Bruno - cambia, accorcia, aggiunge, insomma modifica come vuole il racconto sottostante senza nessuna regola. può anche, se lo ritiene necessario, opportuno o anche solo divertente, cancellare il tutto e posterne un altro. Ogni turno dura una settimana.
vediamo a giugno cosa esce fuori... :)