domenica 31 ottobre 2010

le bolle mondi

Ci sono le mega bolle-mondi, quelle che raccolgono universi interi e sconosciuti, che regalano dinamiche ancora a noi ignote, il cosmo, i suoi misteri, le nostre fantasie para-scientifiche… alpha, beta, gamma, odissea nello spazio, star trek ecc … poi ci sono le grandi bolle-mondi sulla terra a noi conosciuta, sono quelle che regolano l’economia, la politica, la finanza, che gestiscono la vita di noi comuni mortali, che ci fanno andare avanti, anche se non capiamo, che ci fanno votare, incazzare, dividere, unire senza capirne il senso. Ci sono le medie bolle-mondi, che sono la famiglia, la scuola, il lavoro, che regolano il nostro quotidiano, che ogni giorno ci fanno volare nella direzione giusta, dove soffia il vento, ci fanno alzare la mattina con un obiettivo, con la fiducia in noi stessi o col perenne senso d’insoddisfazione. Questo però non si discute mai. Infine ci sono le piccole bolle-mondi (o sotto-bolle, sotto-mondi) che sono le bolle che ognuno soffia sopra la propria testa per partire, per farsi un giro, per uscire dalle grandi e medie bolle-mondi, quasi mimetizzandosi. Queste piccole bolle-mondi, si trovano nelle piccole cose e occupano un piccolo spazio, o almeno lo crediamo. In queste piccole bolle-mondi in realtà c’è tutto quello che vogliamo, che sogniamo, che desideriamo ... nell’attimo in cui le soffiamo per viaggiare via, per creare un distacco dalle cose, in realtà ci perdiamo in esse. Forse in queste piccole bolle mondo ci salviamo. A volte però, anche se questi spazi sono esigui, spesso non vengono concessi. Forse fanno più paura delle grandi bolle-mondi! Chissà perché?

La continua meraviglia
Se non avessi questo corpo, sarei aria. Aria perché son convinta che qualcosa sarei pur di trovarmi qui. Aria e vento o fuoco e vento, oppure acqua. Certi giorni penso: terra. Terra lo sarò un giorno. Sarà per la mia deformazione, ma tutto mi sfugge. Ieri pensavo:«Come vivere per sentire la presenza di tutti i giorni?». Tutto mi sfugge. Psicosomatico dice il medico, un blocco che ha cominciato con attanagliarmi il cuore, un peso che mi impediva di respirare, poi il blocco ha colpito la muscolatura le braccia le mani. Un intervento d’urgenza ha permesso la mia sopravvivenza. Respiro ancora, ma non ho più l’uso delle mani. Un compromesso. Ho le gambe e la testa per viaggiare, la voce e gli occhi per conoscere il mondo. La pelle che protegge, contiene e separa me dagli altri. Molti lamentano di aver perduto la memoria io sono tra i pochi ad aver perso l’uso delle mani. Tutto lucido perfetto fino a quel giorno: studiavo arte all’accademia, secondo anno. Durante la lezione di figura dal vero lavoravamo su grandi cavalletti di legno, il corpo della modella in lingerie sulla pedana al centro della stanza, stava seduta girata sulla sedia, a gambe aperte poggiando i gomiti sullo schienale e la testa sui gomiti, guardava fuori attraverso le ampie vetrate sul lato della stanza. Fuori nel piazzale gruppi di ragazzi parlavano e scherzavano tra loro, li vedevo bene dal fondo della classe in cui mi trovavo. Il sole, filtrando attraverso il verde degli alberi disegnava pozze di luce sul ghiaietto investendo tutto di pace e bellezza. Avevo 22 anni, il mondo e la vita ai miei piedi. Se mi guardo allo specchio scopro di riuscire a nasconder il mio difetto anche a me stessa, ho continuato a dipingere ed oggi le mie grandi tele si trovano in molte case e in numerose gallerie. Ho il mio successo. Attraverso il sistema di fissaggio chimico che ho inventato riesco ad impressionare la tela con il pensiero e gli occhi, scatto la fotografia alle mie idee, al mio mondo inventato fatto di colori e forme, le offro per guadagnarmi uno stipendio, sento di aver fatto molto per me e di aver trovato un sistema per mantenere un contatto con tutti quei mondi fuori senza che questo mi soffochi, li tengo a distanza. Il mio psicoterapeuta dice che ho fatto grandi progressi, lui percepisce dei lievi allentamenti nelle mie tensioni, ho trovato una situazione di equilibrio trasferendo le mie ansie sulla tela. So di esser ancora molto lontana da me stessa. Lo so, per la semplice ragione che mi so lontana da tutto ciò che può ferirmi. E tutto ciò è una continua meraviglia.

...e la dimensione ritrovata
Prima che gli errori di alcuni mi facessero traslocare in una bolla-mondo sensibile, cambiassero le mie abitudini e mi regalassero capacità che sanno di miracoloso, mi rivedo bambina giocare in quella bolla-mondo di periferia dove i rumori erano vita e la felicità si conquistava giorno per giorno con la spensieratezza. I più grandi mi raccontavano che la comunità di cui facevamo parte aveva la sembianza di una galassia formata da bolle-mondi di diversa grandezza, una vicino all’altra seminate fino all’orizzonte invisibile che è l’infinito."Perché ogni uomo è un mondo a sé, uno diverso dall’altro" sentivo ripetere, ma io non capivo cosa volessero significare. Quanti bolle-mondi potevano esistere? provavo a immaginare ma ero consapevole che il cervello non poteva elaborare quel tipo di calcolo e la mia coscienza rinunciava all'impresa. A stabilire dove abitare, l’assegnazione della tua dimensione, non la decideva sempre qualcuno in particolare ma il sistema nato e sviluppatosi tempo addietro. C’è chi azzarda che sia stato impostato alla nascita dell’uomo che aveva deciso che tutto ciò che si vedeva doveva essere gerarchizzato. Con il tempo – e lo studio continua ancora oggi – si è pensato di catalogare e gerarchizzare anche i sentimenti e il pensiero: a quale bolla-mondo si appartiene. Ora che vivo con un cuore più leggero, meno attanagliato da motivi egoistici, so che il centro vitale può spegnersi in ogni momento, le pulsioni fermarsi di colpo e l’energia degli atomi trasferirsi chissà dove, arrivare inattesa in qualsiasi bolla-mondo. Questo si dovrebbe capire e non aspettare compromessi, somatizzazioni o metabolizzazioni; sapere che una specie di ‘virus’ può attaccarti in qualsiasi momento senza tener conto della tua volontà, il ‘virus’ di una bolla-mondo che ha deciso di farti del male per i più disparati motivi. Oltre all’arte questo è l’altro mio pensiero importante: stare lontano dalle bolle malate affinché continui la meraviglia nello specchiarmi per immaginare solo il bello e il bene senza deformazioni perché concetti assoluti. Ho appreso che esistono bolle-mondi del tempo, linee infinite come binari fatte di segmenti, ognuno diverso dall’altro, ognuno irripetibile nei quali ho ritrovato la presenza del tempo nel mio mondo e tornare a diventare me stessa, di nuovo… ‘qualcosa’.

… un mondo di palline nascosto nella testa
Pazza, è pazza. Se ripenso a tutto il tempo che ho perso con lei. Una follia ossessiva. Perché non l’ho capito subito? Rischiavo di farmi trascinare anche io in quel vortice di assurdità! Come le chiamava ? bolle-cosa? … Mondi! Bolle-mondi!
All’inizio mi affascinava quella che credevo fosse una metafora, un’allegoria, un simbolo con cui voleva descrivere … che cosa? Non capivo bene. Evocava mentre parlava. Sognava e io sognavo con lei, ma poi mi è stato chiaro che per lei era il mondo reale! La bolla intorno a lei c’era davvero. A volte muoveva le mani nell’aria come se la sentisse. Le dita si muovevano intorno alla circonferenza di cui lei era il centro e accarezzavano una superficie che solo i suoi occhi potevano vedere. “Un gioco - ho pensato- E’ solo un gioco infantile”.
E invece quando discutevamo si chiudeva lì dentro e pretendeva di non sentirmi, la bolla diventava una barriera impenetrabile. Non potevo raggiungerla, secondo lei. All’inizio ho provato ad assecondarla, ma quando, esasperato, ho allungato una mano afferrandole il braccio senza incontrare la resistenza di nessuna barriera mi ha guardato con gli occhi sbarrati come fossi un essere straordinario e feroce che penetrava il suo spazio privato e inviolabile.
Che pazzia, che follia! Ma come si fa a pensare che la vita possa essere organizzata in bolle? Che assurdità! Come si fa a non capire, invece, che ognuno di noi è inserito nel suo cubo-vita che fa parte di un cubo-vita più grande che a sua volta …

... e s'inizia a volare
Era una bella giornata di sole, così settimana scorsa ho deciso di andare al mare. Ho preparato la borsa con costume, asciugamano, acqua, panino, crema abbronzante e ombrellone. Sulla litoranea tanto traffico, qualcun altro oltre a me aveva avuto la stessa idea. Ho acceso la radio e atteso pazientemente lo scorrimento della fila. Finalmente il mare. Trovare parcheggio è stato impegnativo ma non impossibile. Finalmente la sabbia. Ho posato la sacca, fatto la buca per l’ombrellone, mi sono spogliata, steso l’asciugamano, messa la crema e mi sono sdraiata. Finalmente il sole sulla pelle. Un piacere squisito, un godere sottile.
Ad un certo punto ho sentito qualcosa che mi rimbalzava sulla coscia. Mi sono distratta dal tepore, guardato sull’asciugamano, niente, solo granelli di sabbia. Rimessa in sintonia col sole, dopo pochi istanti ho sentito nuovamente un colpetto sulla gamba. Mi sono rialzata faticosamente ma ho visto solo una piccola pallina trasparente. Me l’aveva tirata qualche bambino? Gettata via ho preso gli occhiali dalla borsa e mi sono ricoricata sul telo. Tac! Di nuovo quella cosa sulla coscia, cominciavo a scocciarmi. Mi sono rimessa seduta ma quella volta la pallina era più grande, come una di quelle da tennis. Mi sono guardata attorno, senza vedere però alcun bambino. Ho preso la pallina, mi sono incamminata fino alla riva e l’ho lanciata in mare. Tornando ho preso la bottiglietta dalla sacca e bevuto un goccio d’acqua alla frescura del mio ombrellone.

Mentre stavo rimettendo la bottiglia a posto ho sentito un colpo forte al braccio. Quella pallina da tennis era diventata un pallone da calcio, sempre completamente trasparente. A quel punto ho urlato: - Adesso basta però con questi scherzi!-, e ho tirato un calcio forte al pallone facendolo sparire dietro alle cabine. Mi sono rimessa al sole, quando sulla pancia mi è caduta una palla grande come una ruota di camion, sempre trasparente. L’ho osservata con un po’ più di attenzione tenendola tra le mani, quando questa è schizzata via volando come colpita da un forte colpo di vento. Senza scompormi più di tanto mi sono calata gli occhiali sugli occhi e rimessa al sole. Dopo un po’ ho cominciato a sentire un solletico sul dorso dei piedi e spaventata mi sono alzata di scatto. Davanti a me c’era una palla enorme, alta come un essere umano. Ho cacciato un urlo indietreggiando. La palla, che a quel punto sembrava un’enorme bolla mi si è avvicinata, io ho arretrato ancora, lei si è avvicinata nuovamente, io mi sono diretta all’ombrellone, lei mi ha seguito. Ho cominciato a correre verso la riva, lei sempre dietro, sono scappata a ridosso delle cabine ma la bolla non mi perdeva di vista. Dopo una decina di minuti di inseguimento, unito a sano terrore, ho capito che stava giocando a moscacieca. Mi sono diretta all’asciugamano aspettando un suo inseguimento, quando improvvisamente l’ho vista rimanere immobile. Cosa le era successo? Stanca di giocare? Sono tornata indietro e ho provato a toccarla, lei si è scansata. Ho provato a riavvicinarmi, ma lei è scappata di nuovo via. Ho iniziato ad inseguirla ma lei nulla, non si faceva prendere. Ad un certo punto mi sono fermata esausta e col fiatone. Anche lei s’è fermata. Allora mi sono accostata piano piano, quella volta non vedendola fuggire. Arrivata vicino, con un movimento lento ho poggiato sulla sfera il palmo della mia mano …

Lei era tiepida, emanava un leggero calore, piacevole, come prima i raggi del sole sulla pelle. Non sembrava né di plastica, né di gomma, non riuscivo a capire di quale materiale fosse composta. Non era né morbida, né dura. Era come la volevo vedere e sentire sotto i miei polpastrelli. L’ho accarezzata a lungo cercando di capire se avesse delle giunture, oppure delle aperture, nulla. L’ho rotolata per qualche metro, era mansueta sotto le mie mani, si faceva fare tutto senza ribellarsi. La percepivo come se fosse viva. Stava entrando in rapporto con me, mi stava accogliendo. Provai una strana sensazione, come se tutto ciò non mi fosse per nulla estraneo. Sentii una forte attrazione. Ad un certo punto ho notato che sotto aveva una piccola rientranza che mi era sfuggita, l’ho osservata attentamente, sembrava una maniglia. Provai a forzarla un po’ e si aprì. Non potevo resistere, ero attratta dal suo interno che sprigionava una sensazione di quiete e sono entrata. Dentro era bellissimo, galleggiavo nella bolla come se ci fosse dell’acqua, acqua vitale, rigenerante, calma. Poi riprendendomi dallo shock e dall’incredulità ho provato ad uscire, ma la maniglia era sparita. Toccai dall’interno ogni punto della bolla ma nulla, non c’era più una via d’uscita, ho cominciato ad urlare, volevo andare fuori, non rimanere imprigionata per sempre, ho continuato per ore, ho pianto, mi sono disperata, ma lei non mi apriva più nessun varco. Esausta mi sono accasciata sul fondo, mi sono sdraiata su un fianco avvicinando le ginocchia al viso, ho abbracciato le mie gambe e mi sono addormentata.

Ancora adesso sono al suo interno, sto volando sopra la città, vicino alle nuvole, ma sto bene, non ho paura. Sto vivendo e viaggiando indisturbata nella mia bolla-mondo. Non sento il desiderio di tornare giù. No, no...non ci torno più.
Finalmente la pace.

La collana si rompe …
«Tutto mi sfugge, le persone, i giorni, i pensieri, le emozioni fredde e quelle calde, i sogni, il domani come i ricordi, la voce e le parole».
«Le parole … la voce tutto ti sfugge, ne sei sicura? ».
«Si. Credo di si».
«Il ricordo più lontano di questa sensazione».
«Ero molto piccola, chiamavo mia madre nella notte e non rispondeva, poi chiamavo mio padre e non rispondeva. Ho pensato che fossero morti!».
«Cosa sapevi della morte?».
«Non so neanche se sapessi cosa volesse dire. Ricordo un dolore ed un angoscia profondissima la voce scivolava, i pensieri scivolavano. La mia voce, sola, scivolava nel buio. Poi ho pensato che non rispondevano perché io ero morta. Io li avevo abbandonati. Mi sono tranquillizzata e mi sono svegliata qui in questa bolla».
«Cosa stai facendo? Vedo delle piccole perle colorate e un filo.»
«Oh! Le hai notate? Sono perline, guarda ne ho di tutti i tipi e colori. Sto preparando una collana, sceglierò ed infilerò una perlina per ogni persona che conosco e conoscerò.»
«Perché lo fai?»
«Per ricordarle anche se scivoleranno via, peseranno sul mio collo così saprò che ci sono.»
«Ne sceglierai una anche per me?»
«Una per te l’ho già scelta. Vedi questa cangiante sui toni del mare?»
«Trovo sia molto femminile, mi vedi femminile?»
«Sei gentile, non sei femminile! Non ti piace? Io l’ho scelta perché mi ricordava te il tuo modo di essere mi dispiace che non ti piaccia.»
«Ferma! Che fai?»
«La rompo! ecco le libero tutte, tutte! Ah, ah , ah , ah tutte libere!»
«Era bella è un peccato, guarda stanno rimbalzano e corrono ovunque.»
«Sentivo che pesavano troppo sul collo! Qui nella mia bolla niente deve pesare, niente neanche il dolore!»

...e la moltiplicazione delle bolle-mondi
Le bolle-mondi andavano e venivano, un transitare sempre più fitto con l’aumentare delle ore. Grandi e meno grandi, alcune piccolissime sembravano galleggiare nell’aria accompagnate dalle più grandi che quasi le trascinavano per incitarle a procedere speditamente. Altre avevano deciso di fermarsi, altre di cominciare la giornata da dove l’avevano iniziata: immobili, nonostante urti e sfregamenti, restavano a guardare quel mondo in cui ci vivevano per modo di dire, un mondo al quale non si sentivano di appartenere. Per loro era questa la felicità: non uscire dalla propria bolla e non entrare in quella di altri; una decisione presa molto tempo prima da alcuni per paura di non saper gestire la crescita della propria bolla, da altri con la consapevolezza di fare una precisa scelta di vita per dedicarsi alla meditazione, al trascendentale.

Finita la bella stagione e le vacanze, certi comportamenti si notavano di più. Ogni mattina, proprio all’angolo sotto casa, immancabilmente c’era lei. Pochi passi sul marciapiede, unavantieindrè in pochi metri e quel gesticolare che non si capiva bene se volesse essere l’accompagnamento di ragionamenti o la presunta gestione di un traffico che solo lei veicolava nella propria mente. Ebbi timore di avvicinarla ma, dopo i primi accenni di sorriso di lei, il suo viso rilassato, cercai di entrare in confidenza e cominciai a salutarla. Inizialmente neanche rispondeva anzi, restava a guardarmi con meraviglia, appariva incredula. Poi, dopo qualche giorno iniziò a ricambiare il saluto fino a che capii che si fidava dello sconosciuto. E’ così che venni a sapere della sua scelta di estraniarsi da tutto, di non venire in contatto con altre bolle-mondi ma di selezionarne alcune. Non le piaceva una socializzazione di massa perché credeva di essere un dio al femminile, una dea dell’universo mentre l’umanità che non sentiva in sintonia, lo scarto dello stesso. E’ ovvio che ci rimanessi male e mi chiesi se fosse una convinzione presa nel pieno delle sue facoltà mentali o nella presunzione di essere la mejo, come dicevano in una grande città non molto lontana. E ci rimasi male anche quando non la vidi più fino a sentire la mancanza di quell’incontro quotidiano, abitudinario. Avrei voluto scavare per comprendere meglio una mentalità così distorta. Chissà dove era finita, pensai: forse in una struttura dove controllavano la sfericità delle nostre bolle?

Il tempo sana ogni brutta cosa e fu proprio nello stesso luogo che la incontrai in una bolla che desiderai subito perforare per venirne in contatto, per meglio conoscere. Un colpo di fulmine - una saetta per colpire più volte il suo cuore - e con lei immaginai un enorme bolla-famiglia piene di bollicine che sarebbero state il futuro di questi folli bolle-mondi.

venerdì 1 ottobre 2010

le bolle mondi

Le bolle mondi
Ci sono le mega bolle-mondi, quelle che raccolgono universi interi e sconosciuti, che regalano dinamiche ancora a noi ignote, il cosmo, i suoi misteri, le nostre fantasie para-scientifiche… alpha, beta, gamma, odissea nello spazio, star trek ecc … poi ci sono le grandi bolle-mondi sulla terra a noi conosciuta, sono quelle che regolano l’economia, la politica, la finanza, che gestiscono la vita di noi comuni mortali, che ci fanno andare avanti, anche se non capiamo, che ci fanno votare, incazzare, dividere, unire senza capirne il senso.Ci sono le medie bolle-mondi, che sono la famiglia, la scuola, il lavoro, che regolano il nostro quotidiano, che ogni giorno ci fanno volare nella direzione giusta, dove soffia il vento, ci fanno alzare la mattina con un obiettivo, con la fiducia in noi stessi o col perenne senso d’insoddisfazione. Questo però non si discute mai.Infine ci sono le piccole bolle-mondi (o sotto-bolle, sotto-mondi) che sono le bolle che ognuno soffia sopra la propria testa per partire, per farsi un giro, per uscire dalle grandi e medie bolle-mondi, quasi mimetizzandosi. Queste piccole bolle-mondi, si trovano nelle piccole cose e occupano un piccolo spazio, o almeno lo crediamo. In queste piccole bolle-mondi in realtà c’è tutto quello che vogliamo, che sogniamo, che desideriamo ... nell’attimo in cui le soffiamo per viaggiare via, per creare un distacco dalle cose, in realtà ci perdiamo in esse. Forse in queste piccole bolle mondo ci salviamo. A volte però, anche se questi spazi sono esigui, spesso non vengono concessi. Forse fanno più paura delle grandi bolle-mondi! Chissà perché?

La continua meraviglia
Se non avessi questo corpo, sarei aria. Aria perché son convinta che qualcosa sarei pur di trovarmi qui. Aria e vento o fuoco e vento, oppure acqua. Certi giorni penso: terra. Terra lo sarò un giorno.Sarà per la mia deformazione, ma tutto mi sfugge. Ieri pensavo:«Come vivere per sentire la presenza di tutti i giorni?». Tutto mi sfugge. Psicosomatico dice il medico, un blocco che ha cominciato con attanagliarmi il cuore, un peso che mi impediva di respirare, poi il blocco ha colpito la muscolatura le braccia le mani. Un intervento d’urgenza ha permesso la mia sopravvivenza. Respiro ancora, ma non ho più l’uso delle mani. Un compromesso. Ho le gambe e la testa per viaggiare, la voce e gli occhi per conoscere il mondo. La pelle che protegge, contiene e separa me dagli altri. Molti lamentano di aver perduto la memoria io sono tra i pochi ad aver perso l’uso delle mani. Tutto lucido perfetto fino a quel giorno: studiavo arte all’accademia, secondo anno. Durante la lezione di figura dal vero lavoravamo su grandi cavalletti di legno, il corpo della modella in lingerie sulla pedana al centro della stanza, stava seduta girata sulla sedia, a gambe aperte poggiando i gomiti sullo schienale e la testa sui gomiti, guardava fuori attraverso le ampie vetrate sul lato della stanza. Fuori nel piazzale gruppi di ragazzi parlavano e scherzavano tra loro, li vedevo bene dal fondo della classe in cui mi trovavo. Il sole, filtrando attraverso il verde degli alberi disegnava pozze di luce sul ghiaietto investendo tutto di pace e bellezza. Avevo 22 anni, il mondo e la vita ai miei piedi.Se mi guardo allo specchio scopro di riuscire a nasconder il mio difetto anche a me stessa, ho continuato a dipingere ed oggi le mie grandi tele si trovano in molte case e in numerose gallerie. Ho il mio successo. Attraverso il sistema di fissaggio chimico che ho inventato riesco ad impressionare la tela con il pensiero e gli occhi, scatto la fotografia alle mie idee, al mio mondo inventato fatto di colori e forme, le offro per guadagnarmi uno stipendio, sento di aver fatto molto per me e di aver trovato un sistema per mantenere un contatto con tutti quei mondi fuori senza che questo mi soffochi, li tengo a distanza. Il mio psicoterapeuta dice che ho fatto grandi progressi, lui percepisce dei lievi allentamenti nelle mie tensioni, ho trovato una situazione di equilibrio trasferendo le mie ansie sulla tela. So di esser ancora molto lontana da me stessa. Lo so, per la semplice ragione che mi so lontana da tutto ciò che può ferirmi. E tutto ciò è una continua meraviglia.

...e la dimensione ritrovata
Prima che gli errori di alcuni mi facessero traslocare in una bolla-mondo sensibile, cambiassero le mie abitudini e mi regalassero capacità che sanno di miracoloso, mi rivedo bambina giocare in quella bolla-mondo di periferia dove i rumori erano vita e la felicità si conquistava giorno per giorno con la spensieratezza. I più grandi mi raccontavano che la comunità di cui facevamo parte aveva la sembianza di una galassia formata da bolle-mondi di diversa grandezza, una vicino all’altra seminate fino all’orizzonte invisibile che è l’infinito."Perché ogni uomo è un mondo a sé, uno diverso dall’altro" sentivo ripetere, ma io non capivo cosa volessero significare.Quanti bolle-mondi potevano esistere? provavo a immaginare ma ero consapevole che il cervello non poteva elaborare quel tipo di calcolo e la mia coscienza rinunciava all'impresa. A stabilire dove abitare, l’assegnazione della tua dimensione, non la decideva sempre qualcuno in particolare ma il sistema nato e sviluppatosi tempo addietro. C’è chi azzarda che sia stato impostato alla nascita dell’uomo che aveva deciso che tutto ciò che si vedeva doveva essere gerarchizzato. Con il tempo – e lo studio continua ancora oggi – si è pensato di catalogare e gerarchizzare anche i sentimenti e il pensiero: a quale bolla-mondo si appartiene. Ora che vivo con un cuore più leggero, meno attanagliato da motivi egoistici, so che il centro vitale può spegnersi in ogni momento, le pulsioni fermarsi di colpo e l’energia degli atomi trasferirsi chissà dove, arrivare inattesa in qualsiasi bolla-mondo. Questo si dovrebbe capire e non aspettare compromessi, somatizzazioni o metabolizzazioni; sapere che una specie di ‘virus’ può attaccarti in qualsiasi momento senza tener conto della tua volontà, il ‘virus’ di una bolla-mondo che ha deciso di farti del male per i più disparati motivi. Oltre all’arte questo è l’altro mio pensiero importante: stare lontano dalle bolle malate affinché continui la meraviglia nello specchiarmi per immaginare solo il bello e il bene senza deformazioni perché concetti assoluti. Ho appreso che esistono bolle-mondi del tempo, linee infinite come binari fatte di segmenti, ognuno diverso dall’altro, ognuno irripetibile nei quali ho ritrovato la presenza del tempo nel mio mondo e tornare a diventare me stessa, di nuovo… ‘qualcosa’.

… un mondo di palline nascosto nella testa.
Pazza, è pazza. Se ripenso a tutto il tempo che ho perso con lei. Una follia ossessiva. Perché non l’ho capito subito? Rischiavo di farmi trascinare anche io in quel vortice di assurdità! Come le chiamava ? bolle-cosa? …Mondi! Bolle-mondi!
All’inizio mi affascinava quella che credevo fosse una metafora, un’allegoria, un simbolo con cui voleva descrivere … che cosa? Non capivo bene. Evocava mentre parlava. Sognava e io sognavo con lei, ma poi mi è stato chiaro che per lei era il mondo reale! La bolla intorno a lei c’era davvero. A volte muoveva le mani nell’aria come se la sentisse. Le dita si muovevano intorno alla circonferenza di cui lei era il centro e accarezzavano una superficie che solo i suoi occhi potevano vedere. “Un gioco - ho pensato- E’ solo un gioco infantile”.
E invece quando discutevamo si chiudeva lì dentro e pretendeva di non sentirmi, la bolla diventava una barriera impenetrabile. Non potevo raggiungerla, secondo lei. All’inizio ho provato ad assecondarla, ma quando, esasperato, ho allungato una mano afferrandole il braccio senza incontrare la resistenza di nessuna barriera mi ha guardato con gli occhi sbarrati come fossi un essere straordinario e feroce che penetrava il suo spazio privato e inviolabile.
Che pazzia, che follia! Ma come si fa a pensare che la vita possa essere organizzata in bolle? Che assurdità! Come si fa a non capire, invece, che ognuno di noi è inserito nel suo cubo-vita che fa parte di un cubo-vita più grande che a sua volta…

... e s'inizia a volare
Era una bella giornata di sole, così settimana scorsa ho deciso di andare al mare. Ho preparato la borsa con costume, asciugamano, acqua, panino, crema abbronzante e ombrellone. Sulla litoranea tanto traffico, qualcun altro oltre a me aveva avuto la stessa idea. Ho acceso la radio e atteso pazientemente lo scorrimento della fila. Finalmente il mare. Trovare parcheggio è stato impegnativo ma non impossibile. Finalmente la sabbia. Ho posato la sacca, fatto la buca per l’ombrellone, mi sono spogliata, steso l’asciugamano, messa la crema e mi sono sdraiata. Finalmente il sole sulla pelle. Un piacere squisito, un godere sottile.

Ad un certo punto ho sentito qualcosa che mi rimbalzava sulla coscia. Mi sono distratta dal tepore, guardato sull’asciugamano, niente, solo granelli di sabbia. Rimessa in sintonia col sole, dopo pochi istanti ho sentito nuovamente un colpetto sulla gamba. Mi sono rialzata faticosamente ma ho visto solo una piccola pallina trasparente. Me l’aveva tirata qualche bambino? Gettata via ho preso gli occhiali dalla borsa e mi sono ricoricata sul telo. Tac! Di nuovo quella cosa sulla coscia, cominciavo a scocciarmi. Mi sono rimessa seduta ma quella volta la pallina era più grande, come una di quelle da tennis. Mi sono guardata attorno, senza vedere però alcun bambino. Ho preso la pallina, mi sono incamminata fino alla riva e l’ho lanciata in mare. Tornando ho preso la bottiglietta dalla sacca e bevuto un goccio d’acqua alla frescura del mio ombrellone.

Mentre stavo rimettendo la bottiglia a posto ho sentito un colpo forte al braccio. Quella pallina da tennis era diventata un pallone da calcio, sempre completamente trasparente. A quel punto ho urlato: - Adesso basta però con questi scherzi!-, e ho tirato un calcio forte al pallone facendolo sparire dietro alle cabine. Mi sono rimessa al sole, quando sulla pancia mi è caduta una palla grande come una ruota di camion, sempre trasparente. L’ho osservata con un po’ più di attenzione tenendola tra le mani, quando questa è schizzata via volando come colpita da un forte colpo di vento. Senza scompormi più di tanto mi sono calata gli occhiali sugli occhi e rimessa al sole. Dopo un po’ ho cominciato a sentire un solletico sul dorso dei piedi e spaventata mi sono alzata di scatto. Davanti a me c’era una palla enorme, alta come un essere umano. Ho cacciato un urlo indietreggiando. La palla, che a quel punto sembrava un’enorme bolla mi si è avvicinata, io ho arretrato ancora, lei si è avvicinata nuovamente, io mi sono diretta all’ombrellone, lei mi ha seguito. Ho cominciato a correre verso la riva, lei sempre dietro, sono scappata a ridosso delle cabine ma la bolla non mi perdeva di vista. Dopo una decina di minuti di inseguimento, unito a sano terrore, ho capito che stava giocando a moscacieca. Mi sono diretta all’asciugamano aspettando un suo inseguimento, quando improvvisamente l’ho vista rimanere immobile. Cosa le era successo? Stanca di giocare? Sono tornata indietro e ho provato a toccarla, lei si è scansata. Ho provato a riavvicinarmi, ma lei è scappata di nuovo via. Ho iniziato ad inseguirla ma lei nulla, non si faceva prendere. Ad un certo punto mi sono fermata esausta e col fiatone. Anche lei s’è fermata. Allora mi sono accostata piano piano, quella volta non vedendola fuggire. Arrivata vicino, con un movimento lento ho poggiato sulla sfera il palmo della mia mano…

Lei era tiepida, emanava un leggero calore, piacevole, come prima i raggi del sole sulla pelle. Non sembrava né di plastica, né di gomma, non riuscivo a capire di quale materiale fosse composta. Non era né morbida, né dura. Era come la volevo vedere e sentire sotto i miei polpastrelli. L’ho accarezzata a lungo cercando di capire se avesse delle giunture, oppure delle aperture, nulla. L’ho rotolata per qualche metro, era mansueta sotto le mie mani, si faceva fare tutto senza ribellarsi. La percepivo come se fosse viva. Stava entrando in rapporto con me, mi stava accogliendo. Provai una strana sensazione, come se tutto ciò non mi fosse per nulla estraneo. Sentii una forte attrazione. Ad un certo punto ho notato che sotto aveva una piccola rientranza che mi era sfuggita, l’ho osservata attentamente, sembrava una maniglia. Provai a forzarla un po’ e si aprì. Non potevo resistere, ero attratta dal suo interno che sprigionava una sensazione di quiete e sono entrata. Dentro era bellissimo, galleggiavo nella bolla come se ci fosse dell’acqua, acqua vitale, rigenerante, calma. Poi riprendendomi dallo shock e dall’incredulità ho provato ad uscire, ma la maniglia era sparita. Toccai dall’interno ogni punto della bolla ma nulla, non c’era più una via d’uscita, ho cominciato ad urlare, volevo andare fuori, non rimanere imprigionata per sempre, ho continuato per ore, ho pianto, mi sono disperata, ma lei non mi apriva più nessun varco. Esausta mi sono accasciata sul fondo, mi sono sdraiata su un fianco avvicinando le ginocchia al viso, ho abbracciato le mie gambe e mi sono addormentata.

Ancora adesso sono al suo interno, sto volando sopra la città, vicino alle nuvole, ma sto bene, non ho paura. Sto vivendo e viaggiando indisturbata nella mia bolla-mondo. Non sento il desiderio di tornare giù. No, no...non ci torno più.
Finalmente la pace.