mercoledì 14 aprile 2010

LA STRADA di PARAD

«Assassini!» urla il folle. «Cacchio, già le otto!», invece sono ancora le sei. Si è svegliato prima e ha deciso di portarsi avanti con il lavoro. Tutte le mattine ci dà la sveglia, affacciandosi al balcone e benedicendo la comunità con il suo personale saluto, come un muezzin dal minareto. Gli siamo affezionati, ha conquistato il perdono di tutti quelli che abitano in questa strada che è una specie di paese, perché vissuta come un prolungamento dei cortili delle case. Già dalla mattina, lungo il marciapiede, spunta qualche sedia a cui se n’aggiungono altre durante il giorno, tanto che il marciapiede alla fine sembra una scacchiera. I due punti di raggruppamento sono in chiara concorrenza tra loro. Si trattano con cortesia e rispetto apparente, ma in realtà sono due compagini che si dividono lo stesso terreno, pronte entrambe a fare fuoco al primo sgarro, al primo sguardo allusivo, alla prima parola equivoca. Il malinteso è sempre in agguato e, in fondo, anche cercato. Non è strano ritrovarsi un sacco della spazzatura rovesciato volutamente in giardino, o peggio un gatto morto appeso sull’uscio di casa, normale routine per noi della strada. Nei punti in cui si formano questi raduni spontanei, si celebra il sacro rito della condivisione, soprattutto quello dei cacchi altrui. Il forestiero che si trova a passare da quelle parti è scrutato con sospetto, studiato per capirne le intenzioni. L’altro giorno, mentre entravo in casa, ho visto una donna suonare al citofono di fronte e il vicino uscire e fermarsi a chiacchierare con lei. Sono uscito dopo una decina di minuti e mi sono accorto che tutti i vicini erano affacciati alla finestra con gli occhi puntati su di loro. Sembravano condor in attesa di sbranare una carcassa. La malcapitata, terminata la strada, deve aver avuto la sensazione di aver appena fatto una lastra, non immaginando che sarebbe stata argomento tra gli argomenti della prossima adunata. Qui si fanno dei film incredibili, nell’arco di otto ore puoi passare da eroe a coglione. La tua credibilità e rispettabilità dipende dagli umori del vicino. E poi ti urlano « Tutto bene?». Io non mi impiccio di solito. C’è solo un momento che non mi perdo mai: l’apparizione della vicina, una ragazza ucraina, che con questa calura estiva ogni giorno si dà appuntamento davanti al tubo di gomma. Una doccia in giardino in reggiseno e perizoma. Per lei è naturale, o almeno voglio crederlo, perchè rimango per un quarto d’ora a pulire la stessa finestra. Mezz’ora dopo è sul balcone a stendere la biancheria, poco più vestita, e mi tocca pulire anche la finestra di fronte. I più buoni, solo per questo, pensano che io sia un buon partito da sposare, per i perfidi sono solo un maniaco sessuale. Ma io me ne frego di entrambi. Intanto in estate ho sempre i vetri più splendenti di tutta la strada. Oggi il pensionato spazza il cortile davanti ai garage e raccoglie 14 viti piccole, 2 grandi, 16 rondelle, 4 chiodi, 6 bulloni e 3 graffette arrugginite; le mette in fila e urla a tutti che potrebbero bucare una ruota. Poi si trasferisce vicino ai cassonetti per pulire l’immondizia straripata dalle buste abbandonate in malo modo, e urla nuovamente qualche frase strampalata sulla civiltà dei popoli. Nessuno risponde mai. Stasera, mentre le sedie di plastica e le sdraio di tela rientrano nelle rispettive abitazioni, quattro ragazze vicine di casa, tutte separate, si dirigono verso una macchina parcheggiata. Parlano a voce alta, anche se sono a meno di un metro l’una dall’altra. Ci tengono che tutta la strada sappia che stanno andando in un nuovo locale di tendenza appena aperto sulla spiaggia: pavimento in legno, tende pesanti, di quelle che creano intimità, musica a palla, cuscini a terra e incensi vari. Praticamente potresti essere in qualunque posto della terra, tanto il mare non si vede e non si sente. Ma anche loro se ne fregano, tanto per stasera i figli sono affidati ai nonni, alle televisori e alle playstation, non necessariamente in quest’ordine. I padri, questi strani inevitabili incidenti, orbitano intorno agli affari loro e non possono essere presi in considerazione. O non vogliono, io credo. Quella seduta al posto di guida annuncia a voce squillante che da poco se lo è ripreso in casa dopo la separazione, ma che adesso quasi quasi lo caccia di nuovo. Le amiche ridono, anche loro con un volume sufficiente per farlo sentire a tutti. Tanto qui tutti sanno tutto di tutti. Le pareti delle case sono sottili, che anche volendo è impossibile non sentire. Le liti, come le riappacificazioni sono patrimonio comune. Più le liti però. L’altro giorno lei chiedeva i soldi a lui, che ha cominciato ad alzare la voce. Non capiva perché fosse necessario spendere tutti quei soldi per il figlio. Era il loro regalo di maturità per il ragazzo, uscito col massimo dei voti, aveva spiegato lei. «Embeh? Ha fatto il suo dovere» aveva risposto lui. Quello di sopra litiga con quello del terzo piano perché il cane abbaia. Quello del primo piano litiga con quella del secondo perché usa le ciabatte con i tacchetti alle sei del mattino. Ogni tanto qualcuno prova ad alzare la voce anche con me, nascosto nel suo appartamentino, perché sanno che può essere pericoloso prendersela con una montagna di muscoli. Non mi conoscono abbastanza. Vengo dalla Romania e la gente qui mi chiama Cezar. Non è il mio vero nome, quello è rimasto al mio paese insieme a vecchie storie, l’inferno che ho voluto lasciarmi alle spalle. Pochi sono gli amici. Per vivere e mandare un po’ di soldi ai miei, faccio tutti i lavori che posso. La donna che dorme nel mio letto si chiama Loretta, è italiana e fa l’estetista, ha un negozio qui nel quartiere. Tempo fa andai da lei perché volevo cancellare due tatuaggi, uno sul braccio ed uno sulla gamba. Lei si è offerta di farmi anche la ceretta, dicendo che gli uomini con i peli sulle spalle perdono metà del loro fascino. Dalla sua piccola tivù mi ha mostrato gli atleti dei mondiali di nuoto. «Guarda che fisici, neanche un pelo. Ma te li immagini con la schiena coperta di peluria?». No, non me li immaginavo, in realtà non ci avevo mai pensato. Mica sono un campione di nuoto. «Ahi! Ma che fai?». «Rilassati, ecco guarda qua, non li avevi mai notati eh? Ma non preoccuparti ora togliamo tutto, puliamo per bene. Vedrai alla fine anche tu non potrai credere ai tuoi occhi». Più che non credere ai miei occhi, ho guardato i suoi: gli occhi neri e profondi di una bella donna. Adesso è la mia donna. Ha deciso di curare il mio aspetto, piccole cose: una camicia a tinta unita piuttosto che a quadri, il giubbotto marrone piuttosto che blu con righe bianche sulle maniche, niente più berretto di lana e calzini bianchi. Ha combinato qualcosa anche alle mie sopracciglia e ora la gente non si scansa più come prima. E questo un po’ mi dispiace. Fa molto caldo stanotte e abbiamo lasciato tutte le finestre aperte. Bacio la spalla liscia e profumata della mia donna che dorme tranquilla e mi alzo, tanto non riesco a chiudere occhio. Mi metto comodo sulla sedia a sdraio che entra a stento sul balconcino e mi godo il fresco e l'umidità notturna, il buio, il silenzio... Penso al mio paese e alla mia nuova vita: non è ancora tempo per fare bilanci. Quasi ci starebbe bene una sigaretta, ma ho smesso di fumare e mentre penso agli affari miei, o anche a nulla, vedo quel coso peloso e antipatico della vicina frugare nella siepe. La cosa mi incuriosisce, anche se non so perché. Mentre rientravo per cena ho colto una conversazione tra i vicini. Parlavano del folle dal buongiorno assassino. Qualcosa a proposito di dosi aumentate, ma inutilmente. Ho sentito parlare di familiari assenti, casa di cura, ospedale psichiatrico. Poi frasi bisbigliate quando si sono accorte di me. Le ho fissate prima di rispondere freddamente al loro"buonasera" troppo acuto per essere sincero. Me lo aspettavo da tempo. Peccato, da domani dovrò mettere la sveglia.

2 commenti:

  1. Piccolissime correzioni ed eliminazione di cacofonie

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  2. Il racconto, già bello in partenza, dopo le numerose 'torture' subite con le numerose manomissioni, si legge con divertimento ma anche con la dovuta attenzione per la ricchezza dei personaggi e delle scene che, cambiando repentinamente, mantengono una attenzione sufficiente nonostante le reazioni non sempre controllabili dell'animo e della mente. Ce n'é per tutti i gusti. Come ho avuto modo di dire (ripetermi) fa parte di quei racconti che a me piacciono molto, quei racconti della vita (quella vera della maggioranza della gente), delle vicende umane che accadono nel propio cortile, nel proprio condominio, nel proprio quartiere.
    Per me é: Ok, si stampi

    P.S. sentiamo le altre voci

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